Pianista, tra i più conosciuti e apprezzati interpreti di musica del Novecento e del XXI secolo a livello internazionale, Emanuele Arciuli si esibisce regolarmente per le più prestigiose istituzioni musicali, dal Teatro alla Scala alla Biennale di Venezia, da Wien Modern – Musikverein all’Orchestra della Rai di Torino, dal Miller Theater di New York alla Filarmonica di San Pietroburgo, sotto la guida di direttori d’eccezione come Roberto Abbado, Juraj Valchua, Pinchas Steinberg e Dennis Russel Davies. Considerato un profondo conoscitore ed esecutore del repertorio americano, esegue spesso composizioni a lui dedicate da alcuni dei maggiori autori americani e si impegna attivamente nella diffusione della nuova musica. Incide per numerose case discografiche e ha scritto diversi libri fra cui Musica per Pianoforte negli Stati Uniti (Edt) e La bellezza della Nuova Musica (Dedalo). Docente di pianoforte al Conservatorio Piccinni di Bari, è frequentemente invitato come guest faculty da numerose università americane.
Emanuele Arciuli tiene presso l’Accademia di Musica un Corso di musica contemporanea per pianoforte >> ed è uno dei docenti del corso di pianoforte della nuova Scuola di specializzazione post-laurea in beni musicali strumentali. Lo abbiamo intervistato nell’ambito di Professione Musicista per chiedergli suggerimenti e consigli utili ai nostri studenti, destinati a diventare la futura generazione di professionisti.
Quali sono le esperienze più significative che hanno caratterizzato il suo percorso formativo, in quale periodo della sua vita e perchè?
Di solito le esperienze più significative sono quelle che si fanno quando si è ragazzi, perché il proprio percorso formativo deve moltissimo a quella fase di età. In Conservatorio ho avuto vari maestri, ma un punto di riferimento essenziale è stato Michele Marvulli, poi ho incontrato Leon Fleisher, avevo fatto delle lezioni con Vincenzo Vitale, esponente della famosa Scuola napoletana. Poi naturalmente le esperienze più importanti sono state quelle che ho fatto dopo la formazione accademica, sia con i maestri con i quali ho studiato, sia soprattutto da me stesso. Il fatto di avere questo interesse per la musica contemporanea, per la musica del ‘900 e di avvicinarmi a questa musica in maniera forte, per esempio, mi ha praticamente costretto ad una specie di autodidattismo, dal quale ho imparato molto.
Ci racconta uno o due momenti determinanti della sua carriera? Cosa hanno rappresentato?
Fondamentale è stata per me la scoperta della cultura americana, che non è una cosa totalizzante nella mia esperienza, tutt’altro, ma che ha consentito di realizzare uno scarto importante tra un prima e un dopo.
Gli errori spesso sono dei grandi insegnamenti: se potesse tornare indietro cosa farebbe diversamente?
Farei tante cose meglio, naturalmente. Imparerei molto meglio l’inglese, studierei composizione, cosa che non ho mai fatto e poi, probabilmente, farei meno scelte dettate dalla generosità e più dettate dall’interesse personale, cosa che non sempre ho fatto. Ho commesso tanti errori, affidandomi a persone che non sempre erano le migliori, le più indicate. Nel complesso non c’è poi così tanto che farei diversamente, anche perché le cose che si fanno diversamente determinano poi altre direzioni e sarei diventato anche una persona diversa.
Le decisioni importanti da prendere, lungo il cammino, sono sempre molte e talvolta si legano a filo doppio con le occasioni che si presentano. Cosa l’ha aiutata a non perdere l’orientamento?
Non mi ha mai interessato l’idea della carriera, parola che usiamo, ma che a me non piace molto. A me interessa realizzare i miei progetti e i miei programmi. Farlo al più alto livello possibile, nella maniera migliore possibile. Non ho mai avuto come obiettivo quello di andare in giro per il mondo a suonare i 24 Studi di Chopin, e devo dire che in questo momento non andrei nemmeno in giro per il mondo ad ascoltarli. Mi interessa, diciamo, dare un senso alla mia presenza nel mondo della musica stimolando ad esempio la creatività dei compositori e cercando di accendere la curiosità del pubblico.
Cosa consiglia ai ragazzi che si stanno perfezionando, oltre allo studio con grande passione e costanza?
Consiglio di continuare così, di avere pazienza, di non pensare a un’idea astratta di pianista, ma a pensare di realizzare se stessi.
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