Il Duo pianistico Valente-Larosa è composto da una fra le più autorevoli musiciste della scuola pianistica di Bari, Giovanna Valente, e dalla sua brillante allieva, Imma Larosa, entrambe docenti presso il Conservatorio “N. Piccinni”. Nell’attesa di sentirle suonare nella sala concerti dell’Accademia di Musica – ove eseguiranno la Sinfonia n.6 in fa maggiore op. 68 (Pastorale; trascrizione di U. Ulrich) di Ludwig van Beethoven e La Mer, tre schizzi sinfonici (trascrizione di C. Debussy) di Claude Debussy – abbiamo incontrato Giovanna Valente per un confronto legato alla suggestione di un programma interamente dedicato all’arte della trascrizione.
IL DUO
Il duo pianistico Giovanna Valente – Imma Larosa è di recente formazione, ma ha saputo subito catturare l’attenzione e la stima di pubblico e critica a livello nazionale e internazionale. Ci raccontate come è nata questa collaborazione tra insegnante e allieva?
Suonare con qualcuno è questione di feeling, è un incontro umano e musicale che, per forza di cose, deve basarsi su un bel rapporto, sullo star bene insieme, sul vivere con amore e dedizione un lavoro comune, alla luce di una preparazione e di un’impostazione professionale che si poggia su principi condivisi. Il rapporto didattico che c’è stato tra la sottoscritta (in qualità di docente) e l’attuale mia partner di Duo Imma Larosa, è stato il giusto presupposto a quel feeling, a quell’incontro umano e musicale sopraccitato: con queste premesse, tanto studio, tante prove d’insieme e tanto entusiasmo è nata e cresciuta la nostra bella e particolare partnership.
LA TRASCRIZIONE IN EPOCA DI DIGITALIZZAZIONE
L’antica arte della trascrizione può essere un’arma a doppio taglio: può asseverare la genialità di un’idea musicale o snaturare completamente l’ascolto, lasciando una sgradevole sensazione di incompiutezza. Un tempo utilizzata per consentire la divulgazione ad un pubblico più ampio di quello delle sale da concerto, che valore aggiunto può avere oggi, in tempi di digitalizzazione del suono?
In tempi di digitalizzazione del suono è possibile sentire composizioni come sinfonie, ouverture, melodrammi, nella loro struttura e nel loro organico originale, ma l’autenticità, l’immediatezza, il grande potere emozionale che può avere una buona esecuzione dal vivo, anche di un pezzo trascritto per strumenti e organici diversi, secondo il mio modesto parere, non può essere reso da nessuna digitalizzazione.
LA MER DI DEBUSSY
Il concerto previsto in occasione della Stagione concertistica 2020/21 dell’Accademia di Musica di Pinerolo, interamente dedicato all’arte della trascrizione, comprende il lavoro sinfonico più impegnativo di Claude Debussy, intitolato La Mer, largamente considerata come una delle migliori opere per orchestra del ventesimo secolo. Cosa vi ha spinte a operare questa scelta?
La scelta è stata dettata da una particolare personale propensione verso lo stile compositivo, i colori, la ricchezza del tessuto armonico, l’innovazione, l’estetica insomma di questo affascinante autore. Debussy, inoltre, con La Mer, composizione da lui stesso trascritta per pianoforte a 4 mani, sembra voler sfidare i pianisti a tirar fuori dal pianoforte, che è pur sempre uno strumento a percussione, “timbri sonori”, gamme sonore capaci di impasti timbrici che sono la sostanza della scrittura sinfonica. Bene: può sembrare presunzione la nostra, ma il piacere di eseguire questa meravigliosa opera ci ha galvanizzate e, ben consapevoli del lavoro che ci aspettava, ci ha spinto ad operare questa scelta.
L’ARTE DELLA TRASCRIZIONE
La trascrizione per uno strumento spesso ha funzioni pratiche, ma la versione della Pastorale di Beethoven per pianoforte a quattro mani di Hugo Ulrich che eseguirete è invece una vera e propria ricreazione artistica per mano del celebre trascrittore. Quali sono i motivi che la rendono la favorita dai duo pianistici?
La trascrizione di un pezzo musicale, come ben si sa, è l’adattamento di una composizione a un mezzo fonico, vocale e strumentale, diverso da quello cui era originariamente destinato; non sempre, però, questo adattamento assurge al livello di ricreazione artistica. Nel caso specifico, dopo esserci ampiamente documentate, abbiamo riscontrato questo pregio nel celebre trascrittore Hugo Ulrich, il quale ricrea, pur se riporta fedelmente sulla tastiera di un pianoforte, tastiera “elevata al quadrato” e cioè adattata per le quattro mani di due diversi solisti, tutte le singole parti orchestrali che stanno dentro le partiture delle 9 sinfonie di Beethoven.
L’ASCOLTO DAL VIVO
L’esperienza della pandemia sta rendendo sempre più difficile, se non impossibile, l’esperienza dell’ascolto dal vivo: cosa la rende davvero unica e imperdibile?
Nel rispondere mi tornano in mente varie dichiarazioni, condivise in pieno, rilasciate in interviste pubbliche da amici musicisti e operatori dello spettacolo: lo spettacolo dal vivo è essenziale per la musica, l’esperienza dell’ascolto dal vivo è unica ed imperdibile per l’interazione che si crea tra pubblico e artista e la conseguente forza creatrice che si sprigiona. Lo streaming, l’online e qualsiasi opzione tecnologica, per quanto utile a fornire una ricca possibilità di conoscenza, non può rendere quell’alchimia unica che si crea tra esecutore e spettatore, basata sul contatto, su vibrazioni e passaggio di emozioni: ogni esecuzione è unica ed irripetibile, e ha una vitalità che nessun video potrà mai rendere.