Regolarmente ospite come solista o camerista presso importanti società concertistiche come Musikverein Wienn, Konzerthaus Wienn, Berlin Philharmonie, Berlin Konzerthaus e Unione Musicale di Torino, Adrian Pinzaru è spesso ospite come primo violino di spalla e prima viola presso enti quali Nordwestdeutsche Philharmonie, Deutsche Kammerphilharmonie Neuss, Orchestra dell’Opera di Barcellona e Orchestra Filarmonica Toscanini. Primo violino del Delian Quartett e di NEXT – New Ensemble Xenia Turin, suona un violino Giovanni Battista Rogeri 1699.
Adrian Pinzaru ha tenuto presso l’Accademia di Musica corsi pre accademici, di perfezionamento di violino e masterclass al campus Musica d’Estate. Lo abbiamo intervistato nell’ambito di Professione Musicista per chiedergli suggerimenti e consigli utili ai nostri studenti, destinati a diventare la futura generazione di professionisti.
Quali sono le esperienze più significative che hanno caratterizzato il suo percorso formativo, in quale periodo della sua vita e perchè?
Innanzi tutto credo che il percorso formativo di un artista non finisca con gli anni di scuola, ma continui sempre. Ciò detto, per quanto mi riguarda, l’evento più rilevante è stato l’aver cambiato paese. Ho studiato fino a 18 anni in Romania seguendo un percorso assai diverso rispetto a quello italiano, con il quale mi sono dovuto confrontare successivamente. Questo cambiamento, così radicale e repentino, mi ha fatto crescere come individuo e di conseguenza come musicista. In Romania ci veniva indicato tutto ciò che avremmo dovuto fare, in modo sistematico e dettagliato. Per contro, in Italia, essendo la scelta individuale fondante per l’esperienza artistica, sono stato costretto a una revisione radicale del mio modo di procedere, maturando così a ritmi forzati.
Ci racconta uno o due momenti determinanti della sua carriera? Cosa hanno rappresentato?
In occasione di una masterclass con Dora Schwarzberg a Goslar, in Germania dopo un concerto non proprio andato bene, dove suonammo il Quintetto con pianoforte di Schumann, Dora mi convocò in albergo insieme ai miei colleghi di corso. Era seduta a un tavolo rotondo e mi disse di mettermi accanto a lei, chiedendo agli altri di prendere posto allo stesso tavolo. Quando furono tutti seduti, si girò verso di me, mi fissò negli occhi e mi disse: “Ti devo chiedere scusa.” La guardai stupito e chiesi il perché. Allora lei continuò: “Ti ho illuso dicendoti che sei un buon musicista, perché io stessa mi sono illusa che tu avessi talento, ma non è così e quindi ti chiedo scusa. Una persona con talento avrebbe, in tutti questi anni, cambiato il suono, ma tu non l’hai fatto quindi…”. Inutile dire che, sentite quelle parole, il mondo mi crollò addosso. Non chiusi gli occhi per tutta la notte pensando a ciò che Dora mi aveva detto e cercando di immaginare cos’altro avrei potuto fare nella vita giacché, senza talento, era difficile pensare di continuare a fare il musicista. Beh, probabilmente per mancanza di fantasia, non trovai nessuna alternativa e, verso le sei di mattina, presi il violino, andai nel seminterrato e lentamente iniziai a lavorare sull’aderenza dell’arco e sul rilassamento della spalla destra. In poco tempo qualcosa cambiò nel mio suono e, due anni più tardi, Dora mi chiese di essere suo assistente.
Gli errori spesso sono dei grandi insegnamenti: se potesse tornare indietro cosa farebbe diversamente?
Direi nulla. Grazie agli errori ho imparato molto, anzi, oggi sono la persona che sono soprattutto grazie agli errori. Ad esempio quando mi capita di fare un buon concerto, tempo di arrivare in albergo e me lo sono praticamente già dimenticato o quasi. Spesso l’unico pensiero è per il volo la mattina presto del giorno dopo. Tutt’altra cosa è il mio sentire interiore dopo un concerto andato male… I tempi di elaborazione di un’esecuzione non buona sono assai lunghi e complicati e spesso comportano cambiamenti importanti nel modo di studiare un certo brano o, addirittura, nell’approccio al modo di fare musica in generale.
Le decisioni importanti da prendere, lungo il cammino, sono sempre molte e talvolta si legano a filo doppio con le occasioni che si presentano. Cosa l’ha aiutata a non perdere l’orientamento?
Concordo. Bisogna essere pronti a cogliere le occasioni che si presentano e ciò non è sempre semplice. Essere pronti significa capire quando un’occasione sia giusta ed essere preparati artisticamente per coglierla. Ciò che mi aiuta a non perdere l’orientamento è la motivazione che sta alla base delle mie scelte. Amo fare musica non tanto per le opportunità di carriera che mi vengono offerte lungo il cammino, ma per quello che la musica rappresenta per me: uno strumento di ricerca su me stesso.
Cosa consiglia ai ragazzi che si stanno perfezionando, oltre allo studio con grande passione e costanza?
Mi sento di consigliare una sola cosa: non avere mai paura di fare le proprie scelte. Qualunque esse siano. Vivere con la paura di sbagliare, di non essere all’altezza delle situazioni nelle quali ci si ritrova non è vivere davvero. E’ solo tempo perso e occasioni mancate. Un artista che non fa scelte non è un artista. Quindi non avere mai paura se non della paura stessa..
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