Roberto Plano per Professione musicista: intervista esclusiva

Definito dal Chronicle il “Pavarotti del pianoforte” per il suo liricismo, definito l’erede di Rubinstein e Horowitz dal commentatore radiofonico di Chicago P. Harvey e additato come uno tra i più grandi interpreti di Scriabin dal critico americano John Bell Young, Roberto Plano ha intrapreso una carriera internazionale che lo ha portato a esibirsi in alcune delle più importanti sale da concerto italiane, europee e americane, a suonare come solista con prestigiose orchestre in Italia e all’estero e con celebri direttori d’orchestra, e a collaborare con celebri quartetti d’archi e solisti d’eccezione. Acclamato dalla critica internazionale, si è sempre dedicato con sincera passione all’insegnamento. Diventato in breve tempo uno dei docenti più ricercati negli USA, ha insegnato presso l’Indiana University Jacobs School of Music di Bloomington. Dal settembre del 2023 è docente di pianoforte presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano, il Royal Northern College of Music di Manchester (UK) e l’Accademia di Musica.

 

Roberto Plano tiene un corso di perfezionamento triennale, un Light Course di perfezionamento presso l’Accademia di Musica di Pinerolo, masterclass al campus Musica d’Estate di Bardonecchia ed è uno dei docenti del corso di pianoforte della nuova Scuola di specializzazione post-laurea in beni musicali strumentali. Lo abbiamo intervistato nell’ambito di Professione Musicista per chiedergli suggerimenti e consigli utili ai nostri studenti, destinati a diventare la futura generazione di professionisti.

PROFESSIONE MUSICISTA: UN’INTERVISTA ESCLUSIVA A ROBERTO PLANO
 

LE ESPERIENZE CHIAVE

Quali sono le esperienze più significative che hanno caratterizzato il suo percorso formativo, in quale periodo della sua vita e perchè?

Ho tantissimi ricordi legati alle esperienze più significative della mia carriera di studente, fin da quando ero bambino. Ricordo la mia prima insegnante che disse ai miei genitori di sostituire la mia piccola tastiera Bontempi, su cui avevo iniziato a suonare, con un pianoforte vero. Probabilmente si era accorta che il pianoforte poteva essere un punto fermo nella mia vita e quindi la ringrazierò sempre per questo. Ricordo poi il mio insegnante di quando ero adolescente, il Maestro Mezzalira di Varese che, con parole molto chiare, mi disse: “Ancora non hai capito qual è davvero il tuo talento e ancora non l’hai messo a frutto. Quando lo farai, la musica diventerà importante per te e sarà un punto fermo della tua vita e della tua carriera”. Grazie a Dio è poi andata in quella direzione, e ho davvero capito quel che voleva dire. Sono momenti che non dimenticherò mai. Successivamente sono stato incredibilmente fortunato ad avere grandi insegnanti che provenivano da grandi scuole pianistiche diverse, che addirittura risalgono a Arrau, Krause fino a Liszt, e poi tramite Liszt a Czerny e Beethoven. O che risalgono per altre direzioni a Michelangeli, a Cortot e Lipatti.  Ho avuto la fortuna di avere tanti insegnanti, di tante grandissime scuole diverse che mi hanno dato consigli su come affrontare il mio percorso e su quale strada trovare, il più possibile adatta a me, personale, ed è quello che poi io cerco di fare come insegnante: indico la via, ma poi l’allievo deve riuscire a trovare la propria direzione in modo autonomo. Di questo anche sarò sempre grato a tutti i miei grandi insegnanti.

I MOMENTI DETERMINANTI

Ci racconta uno o due momenti determinanti della sua carriera? Cosa hanno rappresentato?

Sono stati molti i momenti determinanti che mi hanno aiutato in questo lungo e difficile percorso. Sicuramente devo menzionare i concorsi. Senza i concorsi non sarei dove sono, soprattutto senza la vittoria del Cleveland International Piano Competition cui sono seguite, concatenate tra loro, molte importanti occasioni. Prima avevo una fama locale, non ero riuscito davvero a uscire dai confini nazionali, come invece avrei desiderato. Dopo la vittoria a Cleveland, nel giro di qualche settimana, mi trovai catapultato in un mondo che non conoscevo. Avevo molta paura, così tanta da aver sperato per un attimo di vincere il secondo premio, non il primo. Quando dissero il mio nome, sentii tutto il peso di questa responsabilità addosso. Da quel momento andò tutto nella direzione giusta. Avevo davanti una cinquantina di concerti in 16 mesi, il debutto a New York al Lincoln Center, diverse incisioni discografiche: tutte cose che avevo il timore di non riuscire a fare, ma che poi presero la direzione giusta. Sicuramente, quindi, tra i momenti determinanti della mia carriera devo menzionare i concorsi, in particolare modo quello di Cleveland. Pensando ad avvenimenti più recenti, mi vengono in mente il fatto di essere titolare della Cattedra di Pianoforte presso una delle istituzioni musicali più prestigiose al mondo, l’Indiana University Jacobs School of Music e, ancor prima, di essere stato il primo pianista italiano chiamato a ricoprire il ruolo di titolare di una Cattedra di Pianoforte della Boston University. Per me sono come delle vittorie ai concorsi. Sono tappe importanti della mia carriera didattica, che in questo momento non può essere mai dissociata dalla carriera concertistica. Direi quindi che accanto ai concorsi, metterei l’ottenimento di queste cattedre.

Lezione di pianoforte per la Specializzazione post laurea con Roberto Plano

GLI ERRORI

Gli errori spesso sono dei grandi insegnamenti: se potesse tornare indietro cosa farebbe diversamente?

Gli errori sono dei grandissimi insegnamenti, come dite voi. Senza di essi non sarei dove sono. Guardando indietro, direi che non c’è nulla che rifarei in un altro modo, anche le cose che ho sbagliato, che non sono venute bene, che speravo andassero in un’altra direzione. Credo che dovessero andare così, che da quegli errori dovesse conseguire qualcosa di nuovo, qualcosa di positivo. Sono stati fondamentali per andare nella direzione giusta e arrivare dove sono adesso.

PER NON PERDERE L’ORIENTAMENTO

Le decisioni importanti da prendere, lungo il cammino, sono sempre molte e talvolta si legano a filo doppio con le occasioni che si presentano. Cosa l’ha aiutata a non perdere l’orientamento?

Questa è una domanda fantastica e la risposta più immediata che mi viene in mente è: “Non avere paura e prendi la decisione e vivila fino in fondo”. L’orientamento puoi perderlo se cominci a pensare che quella decisione è quella sbagliata e se non hai il coraggio di portare le tue azioni fino in fondo. Nel mio caso io avrei benissimo potuto accontentarmi del mio ruolo italiano. L’avevo ottenuto con grandi sacrifici, con grande attenzione e dedizione. Nel momento in cui è arrivata la chiamata dall’altra parte dell’oceano, non sono riuscito a dire di no, e credo che sia stata la direzione giusta e spero di non avere ripensamenti in futuro. Credo che avere coraggio sia importante, soprattutto in una professione come la nostra. Senza coraggio non si possono prendere direzioni che poi probabilmente ti portano ad avere cose che hai sperato per tutta la vita. Io decisi di andare oltre oceano alla soglia dei quarant’anni, già con una famiglia alle spalle, ma grazie a Dio ho avuto il loro supporto. Abbiamo voluto vivere questa grande avventura e avremmo potuto fermarci a Boston. La Boston University è una grande scuola, la città era fantastica, eravamo appena arrivati dopo un grande trasferimento intercontinentale e avremmo benissimo potuto fermarci e mettere radici. Invece non è stato così, perché abbiamo poi avuto il coraggio di seguire un’altra direzione, presso una delle istituzioni musicali più prestigiose al mondo, l’Indiana University Jacobs School of Music. Io la conoscevo benissimo perché ci avevo suonato spesso e tenuto delle masterclass, quindi conoscevo già i docenti e tutti i grandi maestri che mi avevano preceduto come Jorge Bolet,  o Franco Gulli e Enrica Cavallo (pensando agli italiani). Ci siamo sentiti ancora in dovere di fare i bagagli e di seguire questa nuova avventura. Credo che la vita vissuta in questo modo non possa portarti a rimpianti, ma possa soltanto farti sentire fiero di quello che hai cercato di fare. Se poi non andrà nella direzione giusta, almeno tu avrai cercato di farlo. Consiglio ai ragazzi questo: di non avere paura e di non fermarsi mai.

UN ULTIMO CONSIGLIO

Cosa consiglia ai ragazzi che si stanno perfezionando, oltre allo studio con grande passione e costanza?

I consigli che vorrei dare ai ragazzi sono molti. Partirei sicuramente da quello che dicevo prima, dall’avere coraggio. Non abbiate paura di sperare in qualcosa che sembra essere oltre i vostri limiti. Qualcosa di positivo verrà da tutto questo coraggio e da questa voglia di fare. Legando i pensieri alla direzione in cui il mondo sta andando in questo momento direi: “Non aspettate!”. Stiamo pensando di liberarci da questa pandemia, ma ancora non ne siamo fuori. Non potete pensare di aspettare che la pandemia finisca per riprendere le vostre attività. Cercate di pianificarle nel modo più preciso possibile. Cercate di avere idee che poi verranno messe in pratica alla fine di tutto questo difficilissimo periodo. Abbiate fiducia che tutto quello in cui credevamo – nella potenza della musica, nella bellezza di fare lezione di persona, in questo grande contatto umano, in questo grande scambio di idee – ritornerà. Nel frattempo bisogna cercare di utilizzare tutti i mezzi e i modi che ci vengono offerti dalla tecnologia moderna con l’online per cercare di andare nella direzione giusta e non perdere nessun minuto prezioso, perché ogni secondo è prezioso per quel che riguarda la nostra vita, la nostra carriera così difficile. Un grandissimo augurio a tutti e speriamo di vederci di persona il prima possibile.

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